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Autodeterminazione

L’autodeterminazione è il diritto di esprimere consapevolmente e responsabilmente la propria identità di genere, la possibilità di essere se stessi senza dover essere subordinati alle decisioni della medicina, di un’istituzione statale o religiosa. Consiste nel poter crescere ed affermarsi ascoltando se stessi, realizzando quello che per cui ci sentiamo nati e costruendo così la nostra felicità accompagnati da chi ci ama.

Oggi in Italia, una persona transgender che voglia giungere ad una modifica del proprio genere deve rivolgersi ad un’equipe medica riconosciuta dallo Stato, formata da psicologi ed endocrinologi (solitamente cisgender); spesso deve sottoporsi a lunghe e snervanti attese per ottenere gli appuntamenti, per poi affrontare un percorso che segue regole non scritte, a volte improvvisate, che prevedono la somministrazione anche di test psicologici il cui esito risulta determinante per i passaggi successivi ed in particolare per ottenere il via libera (purtroppo una diagnosi, come se si trattasse di una malattia) per accedere ad un trattamento ormonale.

Autodeterminazione

Foto di Anete Lusina

Per ottenere la rettifica anagrafica, inoltre, è richiesta una “diagnosi di disforia di genere” da presentare con un ricorso al Tribunale che potrebbe, come spesso avviene, pretendere un’ulteriore valutazione psichiatrica attraverso specialisti scelti dal Giudice e a spese del richiedente. Si tratta di percorsi che mettono a dura prova le persone, snervanti per i tempi e per i costi e che implicano sofferenze di non poca importanza per chi li vive in prima persona: in molti paesi europei, come ad esempio Malta e Spagna, medici e psicologi accompagnano la persona nel proprio percorso di transizione, fornendo ampie informazioni sulle possibilità offerte dal sistema e dalla medicina. Nel nostro paese, invece, il percorso risulta estremamente patologizzante.